Il Tribunale di Avellino, con la sentenza n. 1957 del 19 novembre 2024, ha ribadito il fondamentale principio secondo cui per impugnare una deliberazione condominiale serve l'interesse ad agire, non essendo sufficiente un mero vizio che non sia in grado di incidere concretamente sulla sfera giuridica del ricorrente. Approfondiamo la vicenda sottoposta al giudice campano.
Il concreto interesse del ricorrente all'annullamento della delibera: fatto e decisione
Il condomino impugnava la deliberazione condominiale dolendosi di numerosi vizi di cui la stessa - a suo dire - era affetta.
Tra i numerosi motivi di ricorsi, l'attore si doleva dell'incompletezza del rendiconto, privo di nota esplicativa, della mancata indicazione delle voci di spesa nel preventivo e dell'illegittimità dei criteri di riparto utilizzati in violazione dell'art. 1123 c.c.
Il condominio si costituiva regolarmente in giudizio chiedendo il rigetto integrale della domanda attorea.
Per quel che ci interessa, vale la pena di rilevare come il Tribunale di Avellino, dando seguito alla pacifica giurisprudenza sia di merito che di legittimità , abbia rigettato le doglianze dell'attore sulla scorta del difetto dell'interesse ad agire, previsto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione necessaria per proporre ogni tipo di domanda giudiziaria.
Secondo il giudice campano, ai fini dell'eventuale annullamento della delibera di approvazione del bilancio manchevole di un documento previsto dall'art. 1130-bis c.c., occorre verificare se tale violazione si sia tradotta in un pregiudizio alla corretta informazione dei condòmini, anche a fronte del riscontro della mancanza di violazioni di carattere sostanziale.
Invero, risulta operante nel nostro ordinamento il principio secondo cui per l'impugnazione è necessario un interesse concreto ed effettivo, valutabile in termini economici; con la conseguenza che, in ogni giudizio, deve essere stabilito se la domanda sia o meno supportata dall'interesse a conseguire un provvedimento al fine di evitare di subire un danno ingiusto, ovvero a conseguire un vantaggio che, nel caso di impugnativa assembleare, è da individuare nell'utilità concreta che la parte può vedersi riconosciuta dall'accoglimento della pretesa fatta valere.
Con particolare riferimento alla materia condominiale, quindi, l'interesse personale e concreto, effettivo ed attuale, necessariamente presuppone la derivazione - dalla detta deliberazione - di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale.
Il condomino che impugna la delibera assembleare poiché ritenuta illegittima, deve dimostrare non solo la sussistenza della violazione lamentata, ma anche il danno economico subito per effetto della delibera assembleare presa non in conformità della legge.
Orbene, nel caso di specie tale interesse non sussisteva, in quanto i presunti vizi della deliberazione, anche se fossero stati sussistenti, non avrebbero inciso in maniera apprezzabile sulla sfera giuridica dell'attore.
Basti solamente pensare che il preventivo di cui il condomino si doleva non era nemmeno stato approvato, con la conseguenza che, con riferimento ad esso, alcun interesse all'impugnativa sussiste, mancandone il presupposto.
Con riferimento alle altre doglienze - e, in special modo, a quella dell'illegittimità dei criteri di riparto - emergeva che, avendo le parti approvato un consuntivo basato sul medesimo criterio utilizzato anche nelle passate gestioni, non sussisteva alcun pregiudizio per l'attore, per cui nemmeno esisteva un interesse all'impugnazione.
L'interesse ad agire ai fini dell'impugnazione: considerazioni conclusive
La sentenza del Tribunale di Avellino si pone nel solco tracciato dalla pacifica giurisprudenza di legittimità , secondo la quale il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale (Cass., 9 marzo 2017, n. 6128).
Sempre a proposito dell'interesse ad agire, la giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 3 maggio 2021 n. 7587) ha affermato che, onde evitare che le impugnative delle delibere si ripercuotano negativamente sull'andamento e sulla gestione del condominio, è fatto obbligo al condomino che impugna la delibera assembleare provare non solo la contrarietà del decisum ai principi di legge, ma anche il danno economico subìto per effetto della decisione non conforme alla legge, pregiudizio riverberatosi nel patrimonio del condomino impugnante che deve essere oggetto di espressa quantificazione da parte di quest'ultimo.
È pur vero che, quando si tratta di interesse ad agire con riferimento all'impugnazione della deliberazione condominiale, occorre distinguere tra vizi formali e sostanziali.
A questo proposito, si è soliti affermare che, quando si tratta di vizi formali (difetto di quorum, ecc.), non occorre provare necessariamente di aver subito un pregiudizio economico oppure personale (Trib. Roma, 30 dicembre 2022, n. 19191).
La Suprema Corte ha tuttavia ricordato che l'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condominio, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condòmini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio (Cass., 10 maggio 2013, n. 11214).
Per i vizi sostanziali, invece, è assolutamente indispensabile un serio e apprezzabile interesse ad agire, tant'è che la giurisprudenza (Trib. Nocera Inferiore, 31 maggio 2024, n. 1312) ha ritenuto illegittima la contestazione di una delibera viziata da un errore contabile che arrecava al condomino un danno di pochi euro.